Il Complesso della Rocca del Brunelleschi a Vicopisano è visitabile da dicembre a marzo ogni seconda domenica del mese (in occasione del Mercatino del Collezionismo) con il seguente orario: sabato dalle 15.30 alle 19.00 e domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.00. Gruppi e comitive possono prenotare, in qualsiasi periodo dell’anno, visite guidate al complesso monumentale e al borgo di Vicopisano telefonando all’Ufficio Turistico al numero 050 796581. Per visitare la Rocca, (senza accedere a Palazzo Pretorio, all’Archivio Storico, alle Carceri Vicariali e all’esposizione con i reperti di san Michele della Verruca) occorre pagare un biglietto di 5 euro (3 euro per gruppi superiori alle 10 persone).
In Estate La Rocca è aperta ogni domenica dalle ore 10.00 alle ore 12.30 e dalle 15.00 alle 19.00. Per informazioni sulle visite guidate alla Rocca del Brunelleschi negli altri mesi occorre telefonare all’ufficio turistico: 050/796581 e scrivere a [email protected].).
Dopo l’assedio del 1406 durante il quale i Fiorentini conquistarono Vicopisano, la cui caduta anticipò quella della Repubblica Pisana, Filippo Brunelleschi fu incaricato di riprogettare le fortificazioni del borgo. I lavori durarono da 1435 al 1440. La rocca è composta da un mastio (con i lati lunghi circa 15 metri) e una torre angolare alta 31 metro posizionata nel punto più alto di Vicopisano. Una muraglia collega il mastio con una delle torri delle mura, la Torre dei Selvatici e un muraglione di settanta metri effettuava il collegamento con la Torre del Soccorso che era in comunicazione con l’Arno in modo da poter ricevere aiuti durante gli assedi. Della cerchia originaria rimane soltanto il tratto settentrionale. Il monumento “pisano” che sfrutta la conformazione del terreno, realizzando un compatto sistema difensivo rimasto funzionante fino al XVI secolo per poi passare in mano “privata” (alla famiglia Fehr Walser) ed entrando nel complesso di Villa Fehr.
Per informazioni
Rocca del Brunelleschi
Comune di Vicopisano
web www.viconet.it
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La messa del 16 Luglio officiata dall’Arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto, ha ufficialmente inaugurato il restauro della chiesa di San Torpè realizzato, con il contributo di Fondazione Pisa, al fine di arrestare il degrado e rimuoverne la causa (una forte umidità). La chiesa pisana è una delle due in Italia dedicate al Santo (Torpé, Torpete o Tropez, martire cristiano ucciso per decapitazione ai tempi dell’Antica Roma): l’altra è a Genova (San Torpete).
Torpè, ufficiale dell’esercito romano ai tempi di Nerone (68 d.C) dopo essersi convertito al cristianesimo, si rifiutò di abiurare. Dopo essere stato sottoposto a torture, fu decapitato presso la foce dell’Arno. Il corpo, abbandonato su una barca insieme a un cane e ad un gallo, simboli dell’oltraggio fatto all’imperatore, fu trasportato dal mare fino alle coste francesi. Dal Santo hanno preso il nome il golfo e la città di Saint Tropez. Tra i miracoli “riconosciuti” al Santo ci sarebbe la liberazione dalla peste che nel 1633 stava devastando la città della Torre
La chiesa di San Torpè sarebbe stata fondata secondo una teoria da Guido da Caprona tra il 1130 e il 1150, o secondo l’altra ipotesi più accreditata dall’arcivescovo Federico Visconti tra il 1254 e il 1260 quando trasferì a Pisa la reliquia della testa del santo. È noto invece che chiesa e attiguo convento ospitarono vari ordini religiosi (gli Umiliati fino al 1584, i frati di S. Francesco di Paola fino alle soppressioni del 1784, quindi i Vallombrosani e i Certosini).
Quando poi 1816 i Carmelitani Scalzi subentrano in San Torpé, trovarono chiesa e convento in stato di abbandonoe commissionarono all’ingegnere Gioacchino Rossini il restauro e la ristrutturazione del complesso.
La chiesa di San Torpè è un piccolo gioiellino: l’interno a una navata è ricco di stucchi in stile “barocco” e conserva tele del XVII secolo quali “la Madonna col Bambino Sant’Anna e San Torpè” di Francesco Vanni, la “Conversione di Giovanni Guadalberto” di Giovanni di San Giovanni e “San Carlo Borromeo ed episodi della sua vita” di Giovanni Stefano Marucelli.
Chiesa di San Torpé – Largo del Parlascio Pisa
Orario di visita: ogni giorno dalle 7:00 alle 12:00 e dalle 16:00 alle 19:30
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Il Museo Guarnacci è uno dei più antichi Musei pubblici d’Europa, nato nel 1761 quando il nobile abate Mario Guarnacci (Volterra 1701-1785), storico ed erudito, donò il suo ingente patrimonio archeologico, raccolto in anni di ricerche e acquisti, al “pubblico della città di Volterra”. La donazione -che comprendeva anche una biblioteca di oltre 50.000 volumi- procurò alla città un patrimonio inestimabile e attirò le attenzioni dei massimi esperti dell’epoca, che si dedicarono alla sua divulgazione scientifica. Prima di approdare nell’attuale sede di palazzo Desideri Tangassi, il museo ebbe due sedi diverse. La disposizione dei materiali esposti è articolata per classi di oggetti secondo un percorso cronologico che conduce il visitatore attraverso la storia dell’etrusca Velathri. La visita inizia al Piano terreno, dove sono esposti resti pre e protostorici provenienti dalle vicine necropoli, reperti orientalizzanti tra i quali spicca la serie di bronzetti di offerenti e alcune importanti opere del periodo arcaico (VI sec. a.C.) come la stele di Avile Tite (monumento funerario che raffigura un guerriero armato di lancia e spada, molto simile a opere greco-orientali) e del periodo classico: tra tutte la più antica statua di culto in marmo dell’Etruria centrale, la cosiddetta Testa Lorenzini, raffigurante una divinità.
Il percorso prosegue al secondo piano, dove è illustrato il periodo della fioritura economica e artistica della città (fine IV-I sec. a.C.): predominano le sepolture, caratterizzate dall’urna cineraria tipica di Volterra e del suo territorio, che accoglieva i resti del defunto dopo il rito della cremazione. L’urna prende poi l’aspetto di un piccolo sarcofago con cassa e coperchio, con raffigurato il defunto semi sdraiato sul letto in occasione del banchetto. Insieme alle urne si sono conservati anche gli oggetti che i parenti collocavano accanto al monumento funerario per consentirgli di sopravvivere nell’aldilà (vasellame, oggetti decorativi e da toletta). Le casse erano decorate con bassorilievi che raffiguravano miti greci o scene del viaggio del defunto nell’aldilà, mentre sui coperchi erano spesso riprodotti i “ritratti”.
Il cuore dell’esposizione è la “collezione guarnacciana”, raccolta originaria del Museo, articolata sui due piani del palazzo: oltre 600 urne decorate con motivi ornamentali (demoni, maschere, rosoni) e animali fantastici e feroci, con i temi tradizionali dell’addio del defunto ai parenti e del viaggio agli inferi a cavallo. Particolarmente suggestive sono le urne con bassorilevi di argomento mitologico greco: scene ispirate ai miti, agli episodi del ciclo troiano, e dell’Odissea, come le suggestive scene del canto delle Sirene, dell’accecamento di Polifemo o della la trasformazione in animali dei marinai di Ulisse. Celebre è il sarcofago chiamato Il coperchio degli sposi, che rappresenta due anziani coniugi distesi sul letto del convivio, con i volti particolarmente realistici, modellati in terracotta (I sec. a.C.). Al centro della sala XX si conserva un altro monumento-simbolo del Museo e dell’Etruria in genere, l’ex-voto allungato di giovinetto noto come Ombra della sera. La sua fama, arricchita da leggende tanto curiose quanto false, è dovuta alla singolare forma di questo bronzo votivo che evoca l’ombra proiettata sul terreno dalla figura umana, alla luce del tramonto. La sorprendente modernità della sua forma e l’anomalo allungamento innaturale della figura, allo stesso tempo perfettamente proporzionata, fanno di questo bronzo uno dei capolavori della scultura etrusca del III sec. a.C. Tra gli altri “tesori” custoditi nel Museo si ricordano i pavimenti a mosaico provenienti da edifici di età imperiale romana di Volterra o di Segalari (Castagneto Carducci), il monetiere con rarissimi esemplari etruschi in oro, argento, bronzo e oltre tremila monete greche, romane repubblicane e imperiali e i materiali provenienti dall’area urbana e da Vallebuona, dove si trova il Teatro antico.
Museo Etrusco Guarnacci
Via Don Giovanni Minzoni 15 – Volterra (PI)
Tel. 0588 86347
Aperto tutti i giorni escluso il 01.01 e il 25.12
Orario:
dal 16.03 al 01.11 dalle 09.00 alle 19.00
dal 02.11 al 15.03 dalle 08.30 alle 13.45
Biglietto: ingresso intero 8 euro, biglietto cumulativo (Museo Etrusco, Pinacoteca, Museo d’Arte Sacra) euro 10
]]>Il Battistero di San Giovanni, costruito nella seconda metà del Duecento, sorge di fronte al Duomo di Volterra e si caratterizza per l’aspetto massiccio e la pianta ottogonale con rifinitura a cupola. Rivestito di fasce marmoree verdi e bianche sul lato che si affaccia sulla cattedrale, presenta un portale romanico che documenta la presenza a Volterra di un maestro che trovò evidente ispirazione in Nicola Pisano. I capitelli delle colonne dei pilastri e degli stipiti sono scolpiti con motivi di foglie d’acanto, figure di animali e teste umane. Completano la facciata una monofora e, nell’architrave, Teste di Gesù, di Maria e degli Apostoli. In ciascuna facciata si trovano strette finestre e una semplice cornice percorre l’intero perimetro.
All’interno sei nicchioni e otto monofore scandiscono uno spazio la cui cupola, del primo Cinquecento, non combacia con le colonne poste agli angoli dell’ottagono. Oltre all’acquasantiera ricavata da un cippo etrusco che appare sul lato destro, all’interno del Battistero sono custodite alcune significative opere cinquecentesche: le sculture dell’altare, disegnate e decorate da Mino da Fiesole ed eseguite da Jacopo e Franco di Alessandro Balsimelli da Settignano (1500), la tavola rappresentante l’Ascensione, di Nicolò Cercignani da Pomarance (1591), posta sopra l’altare. E, nella nicchia a destra, è conservato un antico fonte battesimale di Andrea Sansovino (1502): i cinque rilievi marmorei che lo decorano rappresentano la Fede, la Speranza, la Carità, il battesimo di Cristo e la Giustizia. Il più tardo e imponente fonte battesimale che si staglia nel centro è di Giovanni Vaccà (1759) e fu donato dal prelato Francesco Selvatico dei conti Guidi.
Orari visita: tutti i giorni ore 8.30-12.30 e 15.00-18.00 (il venerdì dalle ore 16.00)
Per informazioni: Consorzio Turismo Volterra tel. 0588 87257
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Passeggiando tra le principali attrazioni storico-artistiche di Volterra, ci si può facilmente imbattere nella chiesa di San Michele Arcangelo che si affaccia sulla piccola piazza omonima tra Via Guarnacci e Via de’ Sarti, nel pieno centro della cittadina. Eretta in sobrio stile romanico-pisano intorno al 1284 (si nomina per la prima volta nel 987), presenta una facciata a capanna arricchita nel registro inferiore da una serie di archeggiature a strisce bicrome di marmo, appoggiate su eleganti capitelli. Al centro della facciata di apre un profondo portale con capitelli a motivi floreali e antropomorfi, interrotto all’altezza del cornicione dagli stemmi gigliati di casa Farnese. Nella lunetta sull’architrave si trova una copia del gruppo marmoreo della Vergine col Bambino del XIV secolo, il cui originale è conservato nel Museo Diocesano di Arte Sacra.
L’interno, a navata unica, è stato ampiamente rimaneggiato fra il 1826 e il 1827: nel presbiterio primeggia sul lato sinistro un tabernacolo marmoreo scolpito da Balsimelli di Settignano, artista fiorentino del XV sec., che contiene una “Madonna col Bambino” in terracotta smaltata di Giovanni della Robbia. Figlio di Andrea della Robbia e pronipote di Luca della Robbia, Giovanni si specializzò nella tecnica della ceramica policroma invetriata, specialità della bottega di famiglia, aggiungendo nuovi colori alla tradizionale bicromia del blu e del bianco dei suoi predecessori.
Completano la navata una tavola di Nicolò Cercignani detto il Pomarancio raffigurante l’Angelo Custode, una “Sacra Famiglia” del Maratta e la “Madonna del Riscatto”, affresco staccato (XV secolo) attribuito a Cenni di Francesco.
La chiesa è aperta in occasione della messa tutti i giorni alle ore 18:00 e la domenica anche alle ore 8:00.
Per informazioni: Diocesi di Volterra tel. 0588 9781
]]>Il Duomo di Volterra, con due ingressi di cui uno dalla centralissima Piazza dei Priori, custodisce opere di grande inetresse. Costruito nel 1120 su una preesistente chiesa dedicata a Santa Maria, vide un ampliamento nella seconda metà del secolo su progetto – secondo quanto riporta il Vasari – di Nicola Pisano. Alcune modifiche furono effettuate nel corso del Cinquecento e restauri nel 1842-43.
Una cornice a trecce e fiori percorre e divide orizzontalmente la facciata a salienti, distribuita verticalmente in tre comparti scandite da grandi lesene quadrangolari di tipo lombardo. Il portale marmoreo e la lunetta a tarsie geometriche intrecciano materiale di recupero di epoca romana e sono sormontati da una cornice a tutto sesto scolpita, da rosone e due oculi. Sulla sinistra la cappella dell’Addolorata prolunga la facciata, con eleganti monofore, mentre sul fondo si innalza il campanile quadrangolare, aperto da tre ordini di bifore, riedificato nel 1493 e successivamente abbassato di un piano per ragioni di stabilità.
L’interno presenta struttura e impianto di matrice romanica a croce latina, a tre navate, sebbene attualmente prevalga un aspetto tardo-rinascimentale, risultato di diversi interventi. Ai primi decenni del Cinquecento risalgono i disegni dei sei altari che compongono le due navate, in pietra di Montecatini, formati da un grande arco cassettonato, con festoni di fiori e frutta centrali, stemmi ed emblemi. Nel 1580-84 su iniziativa del vescovo Serguidi i capitelli delle ventidue colonne furono fatti ritoccare e poi rivestire di stucco e nello stesso periodo fu eseguito il soffitto a cassettoni con figure di santi e stemmi nobiliari, disegnato e messo in opera da Francesco Capriani, intagliato da Jacopo Pavolini da Castelfiorentino e pitturato da Fulvo della Tuccia. I lavori ottocenteschi di restauro diedero al tempio l’aspetto attuale di finte lastre bianche e grigiastre e restauri novecenteschi eliminarono gli organi cinquecenteschi e portarono il transetto alla forma gotica attuale.
Sopra l’altare maggiore si eleva l’elegante ciborio di Mino da Fiesole (1471), a forma di tempietto. Ai lati, sopra due colonne tortili del XII secolo, sono collocati due angeli cerifori attribuiti allo stesso autore. Dietro si apre la cappella maggiore col coro ligneo (del 1404), i cui stalli canonicali, di forme gotiche e intarsi, sono opera di maestranze toscane della fine del XIV secolo. La molte cappelle conservano reliquie e opere pregevoli quali la scultura lignea quattrocentesca di Francesco di Valdambrino, le tele di Domenico Zampieir detto il Domenichino, Matteo Rosselli e Francesco Curradi e quella di Jacopo Chimenti detto l’Empoli raffigurante San Carlo in preghiera davanti alla Vergine. Ma tra tutte spicca il gruppo ligneo policromo della Deposizione (1228), capolavoro della scultura romanica, di ignoto scultore volterrano. Consta di cinque figure: oltre al Cristo, la Madonna, san Giovanni Evangelista, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Per la sua datazione viene citato un documento datato 3 gennaio 1228 nel quale il vescovo di Volterra Pagano concedeva indulgenze a chi avesse contribuito al pagamento delle spese per la realizzazione dell’ opera. I volterrani aderirono all’iniziativa e la cappella venne consacrata il 24 settembre dello stesso anno. Un’altra cappella custodisce entro nicchie seicentesche due gruppi statuari in terracotta dipinta attribuiti a Giovanni della Robbia: una Epifania e il Presepio, che ha come sfondo l’affresco della Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli. Nella navata di sinistra si erge il pergamo del XII secolo, rimaneggiato nel 1584, opera probabilmente dello scultore pisano Bonamico: la cassa, sostenuta da quattro leoni stilofori, presenta tre formelle di mani diverse, con un Sacrificio di Abramo, un’Ultima Cena e una Annunciazione con Visitazione.
Orari visita: tutti i giorni ore 8.30-12.30 e 15.00-18.00 (il venerdì dalle ore 16.00)
Per informazioni: Consorzio Turismo Volterra tel. 0588 87257
]]>L’Area archeologica di Piano di Castello è il nucleo storico che con le sue stratificazioni documenta la storia del grandioso passato di Velathri (nome etrusco di Volterra), una delle città più importanti della civiltà etrusca. L’Acropoli conserva tracce e reperti fin dai più antichi insediamenti umani che risalgono all’Età del Bronzo Medio (XVII- XV sec. a.C.): le diverse fasi di scavi effettuati nel corso del Novecento hanno infatti rivelato un’occupazione ininterrotta dall’Età del Bronzo fino al 1472, quando il quartiere medievale che occupava l’area fu raso al suolo dall’intervento militare fiorentino, del quale è rimasta testimonianza nell’imponente fortezza.
All’epoca di grande sviluppo economico e commerciale del centro etrusco (IV secolo a. C.) risalgono resti imponenti delle mura e vaste necropoli suburbane come quelle di Badia, del Portone e di Ulimeto e le più arcaiche necropoli meridionali delle Ripaie, con tombe a pozzetto (VIII sec. a.c.). Fin dal VII sec. a.C. sull’acropoli fu installato un santuario, del quale sono venuti alla luce resti di edifici templari di diverse epoche, terrecotte architettoniche e oggetti votivi. Alla fine VI sec. a.c. la rocca viene cinta di mura e il riassetto definitivo del sistema difensivo avvenne fra il III e il II sec. a.c., includendo l’Arco con tegole scolpite fra i conci nell’arcata esterna e, in posizione speculare, l’altra porta di Diana. In età ellenistica l’acropoli venne ristrutturata e vi furono aggiunti un quartiere abitativo a ovest e due edifici a forma di templi con podio e colonnato (ss. II e III d. C.), separati da una via che delimita il luogo del culto. Le tombe di questa fase sono a camera, scavate nella terra, con corridoio e vano quadrangolare o ellittico. Di età ellenistica sono anche resti di abitazioni circondate da un complesso sistema di cisterne fra cui la cosiddetta Piscina augustea, impianti di torri medievali e strade sovrapposte a fondamenti più antichi.
I monumenti di Volterra più noti nel mondo sono le urne cinerarie di tufo e di alabastro (IV – I sec. a.C.), che si possono ammirare in straordinaria varietà presso il Museo Etrusci Guarnacci.
Parco Archeologico Enrico Fiumi – Volterra
Orario visite:
2 novembre – 15 marzo: sabato e domenica ore 10.30 – 16.30 (escluso 25/12 e 01/01)
16 marzo – 1 novembre: tutti i giorni ore 10.30 – 17.30
Biglietto: intero euro 3,50, ridotto euro 2,50 (studenti e possessori del biglietto cumulativo musei di Volterra).
Il biglietto comprende l’ingresso al Teatro Romano e all’Acropoli Etrusca.
Per informazioni:
Tel. 328 0707834
E-mail: [email protected]
Il teatro romano di Volterra, fatto costruire in età augustea (I° sec. a.c.) dalla famiglia di origini etrusche Caecina, sorge su un declivio naturale nell’area di Vallebuona, quartiere della città antica escluso dai confini urbani dalla cinta muraria duecentesca. L’area diventò per secoli un luogo di scarico di rifiuti che la seppellirono finché, nel 1950, ebbe inizio la fase di lavori archeologici sistematici avviati da Enrico Fiumi, riportando alla luce i reperti dell’area che risalgono fino a età tardo antica.
Il teatro, al quale si accedeva dall’area del foro attraverso un sistema di scale (soppresso dalle posteriori mura medievali), presenta la “cavea” con 19 file di sedili nel settore centrale, suddivisi da scalette, che poteva ospitare 1700 spettatori. La cavea comunicava nella parte superiore, attraverso un corridoio anulare coperto a volta (crypta), con un ambiente rettangolare ad arcate, dove confluivano gli spettatori che scendevano. L’ “orchestra” semicircolare era rivestita di marmi e lateralmente due “parodoi” conducevano agli spogliatoi. Si conservano oggi in buono stato sia il “pulpitum” che una parte della “frons scaenae”. Nell’amplio porticato dietro la scena sono osservabili diverse fasi strutturali: al lato sud il colonnato ionico con la posteriore perimetrazione dell’area antistante, l’aggiunta di bracci laterali ornati da colonne marmoree con capitelli corinzi e, al loro centro, un’esedra rivestita di marmi.
Nel IV sec. d.c. nel settore orientale del porticato venne inserito un edificio termale (costruito con materiali del teatro, caduto in disuso) del quale sono visibili l’ingresso absidato su un lato e il pavimento a mosaico (spogliatoio), dal quale si accedeva al frigidario, di forma quadrangolare, con due vasche entro absidi. Un vano ellittico con riquadri policromi conduceva agli ambienti caldi (tepidario e calidario), ai quali annesso un focolare che veicolava il caldo nelle stanze attraverso intercapedini fra suolo e livello pavimentale. Questo edificio è ritenuto da alcuni archeologi il primo luogo di culto cristiano edificato nell’area. Durante la stagione estiva il sito ospita spettacoli ed eventi teatrali.
Teatro romano di Volterra: accesso da Piazza Caduti Martiri dei Lager Nazisti
Orario visite: 2 novembre – 15 marzo: sabato e domenica ore 10.30 – 16.30 (escluso 25/12 e 01/01) 16 marzo – 1 novembre: tutti i giorni ore 10.30 – 17.30
I prezzi del biglietto per questo monumento pisano sono i seguenti: intero euro 3,50, ridotto euro 2,50 (studenti e possessori del biglietto cumulativo musei di Volterra). Il tagliando comprende l’ingresso al Teatro Romano e all’Acropoli Etrusca.
Per informazioni
Comune di Volterra
Tel. 328 0707834
E-mail: [email protected]
Con l’istituzione della Magistratura dei Consoli del Mare da parte di Lorenzo il Magnifico nel 1475 e l’ulteriore riforma di Cosimo de’ Medici nel 1547, in piena epoca di dominazione fiorentina su Pisa, fu fatto costruire in via San Martino (ancora oggi l’ingresso ufficiale) l’attuale palazzo per ospitare questo nuovo istituto che aveva la finalità di amministrare la giustizia mercantile e regolare i fossi e gli scoli d’acque nella pianura pisana, funzione che ancora oggi ricopre il Consorzio Fiumi e Fossi. Da allora il palazzo è stato più volte ristrutturato e soltanto recentemente sono iniziati dei lavori graduali di recupero della struttura e decorazioni originarie, in molte parti alterate o ricoperte da interventi più tardi. La stessa facciata di via San Martino venne rifatta nel secolo XVI sulla base, probabilmente (ma non ci sono prove certe), di un disegno di Michelangelo. Osservando con attenzione la facciata si distinguono delle differenze (cornicioni ad altezze diverse, variazioni di sagoma e dimensioni delle finestre) che dimostrano come l’edificio sia stato costruito su due diversi palazzi preesistenti, secondo una diffusa pratica costruttiva cinquecentesca a Pisa, la cui prevalenza di edifici erano case-torri affiancate l’una all’altra.
All’interno del palazzo sono conservati maestosi e affascinanti affreschi che risalgono ai secoli XVI e XVII, attribuiti ad A. Ghirlanda, S. Marucelli e B. Poccetti: al piano terra si trova la Sala delle ninfe con un’ampia volta affreschi plastici a soggetto mitologico, il cui disegno pare ancora una volta attribuito a Michelangelo. Passando dalle scale ricoperte da splendide decorazioni a grottesche, rare per il loro stile, si arriva al primo piano dove sorprende l’ancora più maestosa volta del Salone, con mirabili affreschi sul mito di Diana e Atteone e di Amore e Psiche, sulle fatiche di Ercole e altre divinità. Il Palazzo dei Consoli del Mare è aperto negli orari di ufficio del Consorzio e accoglie i visitatori in occasioni di mostre e attività e in occasione di ricorrenze particolari, come le giornate FAI di primavera.
Per informazioni:
Consorzio Fiume e Fossi
Via San Martino 60, Pisa
Tel. 050 505411
E-mail: [email protected]
Web: www.ufficiofiumiefossi.it
Nel 1977 infatti Guido e Paolo Ghironi, costruirono dei modelli in scala naturale di cinque dinosauri nella collina acquista dal padre, ex artista del circo una volta ritiratosi a vita privata si trasferì a Peccioli acquistando due ettari di terra dove costruiì la casa per sé e i suoi figli. Tale collina era ricca di conchiglie, di strane impronte, di resti fossili: i segni dell’evoluzione della natura.
Da quei primi ritrovamenti venne l’intuizione di mostrare quei tesori del passato arricchendoli con un itinerario di ricostruzioni al tempo stesso didattico e spettacolare secondo la tradizione circense. Era appunto il 1977 e con i primi cinque “modelli” nasceva il Parco Preistorico di Peccioli. Nel corso degli anni i fratelli Ghironi hanno perfezionato la loro tecnica e realizzato altri dinosauri: oggi sono venti i giganti che popolano il parco che comprende anche un vulcano che erutta palline colorate e una caverna che riproduce uno scorcio di vita al tempo dell’Homo Erectus vissuto un milione e mezzo di anni fa.
Tra i Dinosauri c’è il vorace Tirannosauro Rex, il placido ma mastodontico Brontosauro (Apatosauro), il curioso Triceratopo, lo Stegasauro con le sue placche a forma di freccia, il dimetrodonte con la sua gigantesca pinna, il Ranforinco il dinosauro volante dalle ali sottili e dalla mascella lunga piena di denti accuminati. C’è poi il brachiosauro del giurassico superiore, che per le sue enormi dimensioni risulta essere il modello di dinosauro più grande attualmente ricostruito in Europa.
L’interno del Parco Preistorico dispone di un’area picnic, mentre all’esterno è presente un’ampia zona parcheggio e uno spazio giochi con giostre per bambini.
L’ingresso al Parco Preistorico prevede un biglietto di accesso di 4 euro a persona in alta stagione (1° Aprile – 31 Agosto). L’orario di apertura è dalle 9:00 alle 19:00 per ogni giorno dell’anno. In bassa stagione (1° Settembre – 31 Marzo con orario, ogni giorno, dalle 9:00 alle 18:00) gli adulti pagano 4 euro e i bambini 3 euro. Sono previsti sconti del 25% sul prezzo del biglietto per i titolari di carte Amicotreno, Touring Club Italiano, Unicredit Banca Genius Clienti +1, Enel Club e di altre tessere di enti, aziende e associazioni.
Parco Preistorico – via dei Cappuccini Peccioli
Per informazioni
Parco Preistorico
tel. 0587.636030
e-mail [email protected]
web www.parcopreistorico.it
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Annesso alla dimora è il parco fu ideato, nella seconda metà dell’Ottocento, da Luigi Bellincioni che progettò il giardino arricchendolo di grotte “rustiche” ed edifici neogotici. Questo ammirevole spazio verde raccoglie oggi 12 alberi monumentali (contrassegnati da didascalie che ne illustrano le caratteristiche) tra i quali svetta (e proprio il caso di dirlo) una sequoia canadese e piante secolari com il bambù e il tasso oltre ad altre 160 specie di varia provenienza.
L’interno del monumento pisano ospita il Museo Archeologico l’interessante Museo civico zoologico. Il primo è un percorso didattico e conserva ceramiche, monete ed elementi lapidei. Tra i reperti di rilievo si segnalano il corredo della tomba etrusca Monte Vaso e “materiali neolitici” rinvenuti nel territorio di Pontedera.
Il Museo civico zoologico, fondato nel 1997, presenta invece cinque sale nelle quali sono esposti (330) animali tassidermizzati: invertebrati, mammiferi, uccelli, rettili e pesci provenienti da tutto il mondo. Della collezione fanno parte anche una raccolta di uccelli, una raccolta di farfalle, un affascinante Leopardo nebuloso e un curioso “gatto marmorizzato”.
Il giardino è sempre aperto, mentre il museo e e il centro di documentazione sono visitabili gratuitamente secondo il seguente orario: da lunedì alla domenica dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:30 (martedì chiuso); orario estivo (da aprile a fine settembre) da lunedì a domenica dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:00.
Villa e Parco Baciocchi (Piazza Castello 1/a Capannoli)
Tel: 0587 607035; 0587 606611 (Comune di Capannoli)
La semplice struttura quadrangolare in laterizio ha un interno a navata unica, suddivisa in due campate di uguale misura e coperte con volte a crociera. L’interno di questo monumento pisano è interamente decorato dal sorprendente ciclo di affreschi dipinti nel 1398 dal pittore senese Martino di Bartolomeo (autore di affreschi presenti nel Duomo di Siena), raffiguranti storie dell’Antico Testamento, scandite da raffigurazioni di Santi, Profeti, Evangelisti, Allegorie religiose e figure dello Zodiaco. Il ciclo figurativo aveva la funzione di “libro” religioso per i fedeli poveri e analfabeti. L’ottimo stato di conservazione degli affreschi è dovuto a un primo restauro negli anni Venti per mano del pittore fiorentino Tommaso Baldini e al più recente restauro a cura delle amministrazioni locali e della Sovrintendenza.
L’Oratorio di San Giovanni Battista è visitabile i venerdì mattina dalle 8:00 alle 12:00
Oratorio di San Giovanni Battista – Corso Matteotti Cascina
Per informazioni
Parrocchia di Cascina
Tel. 050701535
web www.parrocchiacascina.it
La facciata della pieve, a capanna, rispetta gli stilemi del romanico pisano: è suddivisa in arcate cieche con sobrie decorazioni a losanga e intarsi marmorei: la fascia inferiore presenta cinque arcate, di cui tre incorniciano i portali e due sono decorate con rombi gradonati. La fascia superiore della facciata presenta tre arcate cieche di minore dimensione, quella centrale con bifora e le due laterali con rombi gradonati. Il timpano triangolare presenta due oculi e una croce centrale, in intarsio marmoreo. Sulla fiancata esterna meridionale è visibile un’iscrizione latina: “Federico II Re di Sicilia”, dovuta al riuso della pietra, proveniente dal meridione.
L’interno di questo monumento pisano conserva la semplicità della struttura romanica, a pianta basilicale con abside centrale e tre navate, suddivise da due pilastri centrali e da colonne monolitiche in granito rosa e marmo, decorate da capitelli corinzi e compositi. Tra le opere più pregiate della parte medievale, ci sono un’acquasantiera del XII secolo con sculture romaniche, un frammento di affresco trecentesco raffigurante la Madonna con Bambino e una terracotta con Madonna e Bambino dello scultore quattrocentesco Benedetto da Maiano, . Dalla navata sinistra si accede alla Cappella tardo barocca del SS. Sacramento. Tra le opere della Cappella spicca una pregevole tela di Scuola Lucchese della fine del Seicento, raffigurante S. Caterina da Siena in atto di assistere gli ammalati.
Il campanile, separato dal corpo della pieve, fu edificato nel XII secolo con conci di calcare di Uliveto e ricostruito nella parte superiore in laterizio, alla fine del Duecento. A pianta quadrata, ha una struttura semplice e massiccia, priva di decorazioni, con apice a struttura piramidale. L’adiacente Oratorio di Santa Croce è il secondo Oratorio di Cascina, dopo il trecentesco Oratorio di San Giovanni Battista. In stile barocco, presenta una ricca decorazione in stucchi. Fu sede della Confraternita di S. Croce e nel 1785 fu adibito a Battistero della Pieve, in seguito alla chiusura dell’Oratorio di S. Giovanni.
La pieve romanica di Santa Maria Assunta tutte le mattine dalle 8:00 alle 12:00,
Per informazioni
Parrocchia di Cascina
tel. 050 701535
web www.parrocchiacascina.it
La Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano si trova in località San Casciano (a Settimo), nel comune di Cascina. Fu edificata nel XII secolo, sulle fondamenta di un edificio precedente ricordato in un documento del 970. Alla costruzione della pieve collaborò anche il celebre scultore Biduino, autore dell’architrave del portale centrale, raffigurante la Resurrezione di Lazzaro e l’Ingresso a Gerusalemme e corredato da due iscrizioni che riportano la firma dell’autore e la data 1180. Tra le altre opere del Biduino si ricordano alcune sculture della facciata del Duomo di Pisa, il portale della Chiesa di San Leonardo al Frigido a Massa, gli architravi della facciata della chiesa di San Salvatore a Lucca e le decorazioni della facciata della Pieve di San Paolo a Capannori.
Dalla pieve dei SS. Ippolito e Cassiano dipendevano nel XIV secolo ben 23 chiese minori. A San Casciano era presente anche un castello oggi scomparso (il castello di San Casciano del Val d’Arno pisano) e nelle proprietà della pieve risiedevano per lunghi periodi alcune famiglie della nobiltà pisana )in una villa del pievato si rifugiò nel XIII secolo il Conte Ugolino).
Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano è un armonico esempio di chiesa in stile romanico, costruita con pietre verrucane lavorate a scalpello e decorata all’esterno da importanti sculture architettoniche: i leoni con preda umana agli spigoli della facciata, la testa gentilesca che campeggia nell’arcata cieca centrale, le mensole, le cornici e i capitelli nella parte inferiore della facciata e i tre mirabili architravi che sovrastano i rispettivi ingressi, quello centrale opera del Biduino, quello sinistro con animali e scene di caccia e quello destro con due ippogrifi che circondano un montone. La facciata, parzialmente incompiuta, è suddivisa in cinque arcate cieche con tre portali e presenta tarsie di varie grandezze e forme geometriche.
Particolarmente complessa è la storia del campanile della pieve: quello originario, a forma di torre, sorgeva sul sagrato antistante la pieve ma dopo essersi rovinato ne venne costruito uno nuovo sull’angolo destro della facciata, crollato a sua volta a metà dell’Ottocento. Un terzo campanile, alto 29 metri, venne ultimato a fianco dell’abside nel 1897 ma ebbe vita breve: nel luglio del 1944 crollò dopo essere stato colpito dall’esercito tedesci Un piccolo campanile venne successivamente edificato su iniziativa del pievano e con l’aiuto dei paesani ma venne a sua volta abbattuto nel 1979 e fu sostituito dall’attuale campanile in forma moderna (e assai stridente con il corpo antico della chiesa).
L’interno del monumento pisano è a schema basilicale a tre navate divise da 12 colonne e 2 pilastri, con abside semicircolare e soffitto ligneo a capriate. I capitelli sono prevalentemente in stile corinzio con motivi vegetali, animali e antropomorfi e provengono da chiese e templi precedenti.
All’interno si conservano un antico fonte battesimale monolitico a immersione, in semplice forma ottagonale, risalente probabilmente all’XI secolo e una terracotta della bottega di Andrea della Robbia raffigurante il Battesimo di Gesù, dai colori vivaci e brillanti (sulla parete destra dell’ingresso). Oltre all’imponente crocifisso dell’altare maggiore, la chiesa conserva due grandi crocifissi lignei del XVI secolo di autore ignoto (a destra dell’altare maggior e all’inizio della navata sinistra).
Ai vari altari si trovano delle grandi tavole dipinte tra il XVI e XVIII secolo e recentemente restaurate: nella navata destra “S.Biagio e S. Antonio da Padova” (attributo a Domenico Salvi e “S.Anna con la Vergine e i Santi Giovanni Battista e Bartolomeo” (di autore ignoto del XVII-XVIII sec.) mentre nella navata sinistra si ammirano “S.Francesco e Frate Leone a La Verna “(di Francesco Gaddi) e “L’Annunciazione” (attribuita a Jacopo Benedettini detto il Sordo). Sopra la porta d’ingresso si trova un grande organo a canne donato nella prima metà dell’Ottocento alla chiesa dal popolo di S. Casciano, al quale si è aggiunto un secondo organo di recente fattura, posto dietro l’altare maggiore: la combinazione del suono dei due organi è particolarmente suggestiva. Sulla destra dell’altare maggiore è conservata la reliquia di S. Vitale Martire.
Visite (gratuite): la domenica prima delle funzioni della messa che si tiene alle ore 8:30 e alle ore 11:30.
Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano (piazza San Casciano 1, San Casciano di Cascina, Cascina)
Per informazioni: tel. 050 740703
La Chiesa è dedicata a San Giorgio, santo e martire vissuto in Israele nel III secolo e venerato fin dal IV secolo. Il suo culto è avvolto da più leggende legate in particolare alle Crociate e al mondo medievale cavalleresco. Fu nel Medioevo che la lotta di San Giorgio (combattente e martire) contro il drago divenne il simbolo della lotta del bene contro il male, secondo gli ideali cavallereschi.
La struttura dell’edificio è quella tipica del Romanico pisano: la forma è semplice e spoglia di decorazioni e il materiale utilizzato nella costruzione è il calcare cavernoso e verrucano, in grandi blocchi regolari sovrapposti in forma alterna. La facciata è curiosamente rivolta a mezzogiorno e presenta su un unico asse verticale centrale il portone d’ingresso sovrastato da tettoia, una bifora cieca e una bifora a vela che chiude in forma tronca il vertice della stessa facciata. La bifora a vela venne aggiunta nel 1603 e sulle colonne che la sostengono si trovano dei bassorilievi che rievocano la lotta di San Giorgio con il drago. Il Santo è raffigurato anche nella lunetta in terracotta che si trova sopra il portone d’ingresso. Sul lato destro inferiore della facciata è visibile una lapide che ricorda l’altezza alla quale arrivarono le acque dell’Arno durante l’alluvione del 1855. L’interno è a navata unica, di ampie dimensioni, con abside centrale. Lungo le pareti si trovano alcuni tabernacoli tardi con figure lignee di Santi, tra i quali San Giorgio.
La Chiesa si può visitare prima dell’inizio delle funzioni della Messa che si tengono i martedì e giovedì alle ore 8.30 e le domeniche alle ore 9.30.
Per informazioni: tel. 050 741435
Indirizzo: Via Santa Maria 25, Località San Giorgio a Bibbiano, Comune di Cascina (PI)
Il 14 gennaio (ore 16:30) verrà inaugurata la nuova facciata restaurata di Santa Marta, la chiesa situata nell’omonima via che collega il Ponte della Fortezza con Piazza delle Gondole. La santa alla quale la chiesa deve il nome è Marta, sorella di Maria Maddalena e Lazzaro. Secondo la tradizione, dopo la resurrezione di Cristo Marta approdò nella odierna Francia e precisamente in Camargue che liberò dalla presenza di un terribile mostro, il Tarasque (creatura con il muso di leone, il corpo simile al carapace di una tartaruga e la coda di drago), raffigurato oggi in una celebre statua a Tarascona, cittadina francese della Provenza che deve proprio il suo nome alla famelica creatura.
La chiesa di Santa Marta fu edificata nella prima metà del XIV secolo per volontà di Domenico Cavalca, dotto pisano che fu uno dei primi autori, se non il primo, a impiegare la lingua volgare italiana in prosa per tradurre i testi latini che raccontavano delle vite dei santi. Anticamente era detta chiesa di S. Viviana in Suarta dal nome del quartiere in cui sorgeva ed in ricordo dell’antica chiesa situata nell’odierna via Bibbiana. L’edificio deve il suo attuale aspetto, e l’interno barocco, ai massicci stravolgimenti architettonici alla quale la chiesa è stata sottoposta nel XVIII secolo. Insieme alla chiesa di San Paolo all’Orto alla chiesa della Certosa di Pisa a Calci, l’edificio è uno dei monumenti pisani più rappresentativi dello stile barocco.
La semplice facciata intonacata presenta delle decorazioni agli angoli e dei profili sagomati che circondano il portone di ingresso. Una volta varcato il portone si è accolti dal grazioso interno a una navata impreziosito da stucchi e capitelli. Nella controfacciata è posto il “La Madonna col bambino tra i S.S. Caterina e Domenico” di Livio Lomi mentre a sinistra in prossimità del fonte battesimale è situata la tela seicentesca “Madonna col bambino e Angeli” e sopra l’altare in marmo “Santa Marta che chiede la resurrezione di Lazzaro” di Giovanni Battista Tempesti (1770 circa). Sulla parete opposta, la destra, sopra l’altro altare “Adorazione dei pastori” di Lorenzo Pecheux (1779).
Sopra l’altare centrale c’è invece l’opera più interessante presente nella chiesa: una croce dipinta, datata tra il 1280 e il 1290: il “Crocifisso con Storie della passione” di un autore ignoto (il Maestro della Croce di Santa Marta).
La chiesa è visitabile la mattina (10:00/12:00 circa) e la domenica prima e dopo la messa.
Chiesa di Santa Marta
via santa Marta
Nel centro storico di Fauglia e precisamente all’interno di quelle che erano le antiche carceri giudiziarie (e occupate oggi dagli uffici del Municipio) si trova il Museo Giorgio Kienerk dedicato al noto pittore di origine fiorentina.
Il museo è stato realizzato grazie alla figlia Vittoria (celebre insegnante di storia dell’arte al Liceo Classico Galileo Galilei di Pisa) che ha donato a Fauglia le opere d’arte presenti nella villa di famiglia di via Poggio alla Farnia. Giorgio Kienerk infatti era solito trascorrere ogni estate con la famiglia presso la casa posta nella campagna di Fauglia. La raccolta copre tutto il percorso dell’artista ed è una testimonianza a tutto tondo dell’opera di Giorgio Kienerk considerando che molte dei suoi dipinti, disegni e scuture sono andati distrutti quando la casa fiorentina della famiglia è stata rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Giorgio Kienerk (allievo di Signorini) è considerato uno dei maggiori esponenti del movimento dei così detti Post-Macchiaioli, artisti che pur accogliendo i dettami stilistici dei Macchiaoli furono influenzati dalle “avanguardie” artistiche di fine XIX secolo. Nel caso di Kienerk divisionismo (i cui maggiori esponenti furono Segantini, Pellizza da Volpedo e Nomellini) e simbolismo (testimoniato da De Chavannes e Moreau e perlopiù confluito nel neoimpressionismo) contribuirono a plasmare lo stile del pittore e scultore fiorentino.
L’esposizione al museo di Fauglia, copre, come accennato, tutto il percorso artistico e i molteplici interessi (pittura, scultura, grafica) di Kienerk. Sono così presenti le prime opere (“La Veduta di Fiesole e “La Nonna”) caratterizzate da un approccio naturalistico e le testimonianze dell’influenza divisionista e impressionista (“Alberi sul mare” e “La lettrice”), mentre le sculture “La Panchina” “Ritratto di modella” e lo splendido quadro “Il fauno nel bosco” rivelano i punti di contatto con il simbolismo.
Di notevole interesse per mostrare l’originale inventiva dell’autore sono le opere grafiche (“Italia ride” e “Sorriso”) che Kienerk ha realizzato nella sua attività di illustratore per riviste italiane e francesi. Nel museo sono inoltre presenti numerosi paesaggi eseguiti in varie epoche (1887-1942) e ritratti di parenti, amici e familiari tra i quali si distinguono per la radiosa freschezza quelli della figlia Vittoria. Aperto dal 2008, il Museo Giorgio Kienerk è immeritatamente poco conosciuto, nonostante si tratti della più importante pinacoteca dedicata a un singolo artista presente della Provincia di Pisa. A chi è alla ricerca di monumenti pisani insoliti e di attrazioni artistiche lontane dagli usuali percorsi di visita il Museo Giorgio Kienerk riserverà una “inattesa” sorpresa.
Museo Giorgio Kienerk
Palazzo Comunale (Via Chiostra I, numero 13 Fauglia)
tel. 050 657311 (centralino del Comune 9.00 – 13.00)
Accesso disabili
Ingresso: Dalla seconda metà di settembre a maggio il Museo Kienerk è aperto il venerdi 10.00-12.00 sabato e domenica 9.30-12.30 e 15.30-18.30 . Durante il periodo estivo (da Giugno a metà Settembre) l’orario è il seguente: martedì e giovedì dalle 10:00 alle 12:30 e sabato e domenica dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:00.
Chiusura: 1 e 6 gennaio, Pasqua, 1 maggio, 15 agosto, 1 novembre, 25 e 26 dicembre.
Biglietto: 4 euro; ridotto 2 euro per bambini sotto i 12 anni, visitatori con età superiore ai 65 anni, gruppi di almeno 15 persone e scolaresche.
Visite guidate: solo tramite prenotazione obbligatoria e per gruppi non superiori alle 15 persone (Tel. 050 657328)
La chiesa di S. Miniato a Marcianella (località del comune di Cascina, prossima alla via Toscoromagnola) è un autentico gioiello dell’arte Romanica del X secolo e uno dei monumenti pisani meno noti.
Adagiata su un manto di prato verde e incorniciata da due filari di alti cipressi, la piccola chiesa di forma rettangolare riserva al visitatore un primo impatto di grande suggestione e insieme di raccolta intimità.
L’edificio è costruito in bozze regolari di verrucano: sulla stretta facciata si erge un agile campanile a vela con campana e l’unico ingresso centrale è incorniciato da una lunetta cieca priva di decorazioni e, più in alto, da una feritoia a forma di croce. Lungo i fianchi altrettanto austeri si aprono cinque semplici monofore, anch’esse a feritoia.
La piccola chiesa dedicata a San Miniato è documentata per la prima volta in una pergamena del 1011 ma fu probabilmente intorno al 970 sulle fondamenta di una chiesa o tempio pagano preesistente, o forse sopra una casa romana. Si narra che San Miniato venne edificata nella stessa località dove già si trovava la chiesa di San Michele, a causa delle frequenti alluvioni dell’Arno. In seguito a una grave esondazione del fiume il paese di Marciana venne diviso in due dalla nuova ansa del corso d’acqua e alcuni abitanti non poteremo più assistere alle celebrazioni religiose. Nacque così San Miniato a Marcianella. Nel giugno 2011 sono stati celebrati i mille anni dalla nascita della chiesa.
L’interno, ad aula unica con zona presbiteriale rialzata e soffitto a capriate, è semplice e spoglio ma custodisce alcuni elementi d’interesse, come la caratteristica acquasantiera ricavata da una colonna di granito reimpiegata e il maestoso dipinto cinquecentesco sull’altare, raffigurante la Madonna tra san Miniato e san Giovanni (o santa Maddalena), eseguito tra il 1565 e il 1580 dal pittore fiammingo Giulio di Giovan Pietro Molinginato, artista documentato a Pisa e nel territorio circostante.
La Chiesa di San Miniato è aperta in linea generale la domenica mattina.
Indirizzo: Via Macchierella 11, località Marciana, Cascina (PI)
L’aspetto attuale dell’esterno e di buona parte degli interni è dovuto alle ristrutturazioni ottocentesche mentre della struttura cinquecentesca si conservano le pareti interne e gli stipiti della porta laterale. La Chiesa ha una navata unica con soffitto ligneo a capriate ed è decorata da numerosi affreschi del 1500 e da pitture settecentesche e ottocentesche che sono riemerse, durante i restauri del soffitto, sull’arco dell’altare, nella parte interna della facciata e lungo la balconata che sostiene l’organo.
Oltre all’icona della Madonna del Piano San Benedetto a Settimo conserva alcune pregiate opere medievali: la tavola trecentesca su fondo oro con la Madonna delle ciliegie, attribuita a Francesco Neri da Volterra e il raro Paliotto in alabastro di fattura inglese del Trecento, policromato e dorato, con formelle che raffigurano i Santi, l’Assunzione e Scene cristologiche, di cui esistono in Italia solo altre tre opere analoghe, custodite a Napoli, a Venezia e a Ferrara. Il paliotto è posto alla base dell’altare maggiore e alcune figure appartenente allo stesso sono state collocate nel vano che accoglie un antico fonte battesimale in marmo, posto sul lato sinistro dell’ingresso. Si trovano nella Chiesa anche una tavola cinquecentesca raffigurante i Santi Pietro e Filippo Benizzi del pittore manierista Pier Francesco Foschi, allievo di Andrea del Sarto e di Pontormo e affreschi di Giuliano Castellani detto il Sollazzino, attivo nel XVI secolo tra Firenze, Pistoia e Pisa.
Tutte le opere sono ottimamente conservate e la Chiesa, un monumento pisano immeritatamente poco noto, merita una invece una visita approfondita.
La Chiesa è aperta tutte le domeniche per la funzione della messa alle ore 11.00.
Per informazioni: Tel. 050 740711 (Don Cardilli)
Indirizzo: Via Tosco-Romagnola n. 800, Cascina (PI)
All’interno della Villa si trova la cappella gentilizia La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (originariamente consacrata a Santo Stefano).
La Chiesa sembra essere stata edificata sopra un antico tempio romano, che gli etruschi dedicarono alla Bona Dea o Grande Madre, divinità delle acque. All’interno del parco di Corliano si trova infatti la fonte “del fico grosso”, detta anche “del latte”, alle cui acque era attribuita la proprietà di far tornare il latte alle puerpere che lo hanno perduto. Le fondamenta e alcune caratteristiche protoromaniche (come le 4 monofore sui lati) farebbero risalire l’origine dell’edificio come cappella della vicina Pieve di San Marco a Rigoli, attestata già nel 922. Durante il Quattrocento la cappella diventò oratorio della Compagnia del Santissimo Sacramento e nel 1596 venne acquistata da Pietro di Niccolao della Seta, che la consacrò a San Pietro (la consacrazione ai Santi Pietro e Paolo avvenne nel 1859). Alla fine del Settecento furono eseguiti restauri e modifiche alla chiesa: la parte sotto il livello del terreno fu adibita a sepolcreto di famiglia, fu acquistato l’altare dalla Chiesa di San Torpè a Pisa e venne fatta affrescare la volta al pittore pisano Nicola Matraini (autore anche degli affreschi della Farmacia nella Certosa di Calci).
L’ingresso principale si affaccia sulla strada statale e un accesso privato dal parco conduce nel vestibolo, adiacente all’abside. La facciata a capanna presenta un corpo centrale delimitato da semipilastri e due ali laterali sovrastate da volute, sulle quali sono posti due coppi in terracotta. Sopra il semplice portale si trova lo stemma affrescato della famiglia Venerosi Della Seta. La chiesa ha un’unica navata con abside e un campanile a vela posto sul tetto a capanna. L’interno è impreziosito da motivi decorativi e affreschi raffiguranti figure allegoriche della storia sacra. Nella chiesa erano conservati un’antica reliquia di Santo Stefano e una grande pala di Domenico Cresti (detto il Passignano), raffigurante una Madonna col Bambino e i Santi Pietro, Jacopo, Anna e Caterina.
La chiesa è ancora oggi consacrata per cerimonie religiose di rito sia cristiano sia ortodosso. La Villa offre servizi per matrimoni e ricevimenti e organizza visite guidate su appuntamento (gruppi a partire da 5 persone, chiusura nel mese di Novembre).
La Villa di Corliano merita anche una visita per lo splendido parco ricco di monumentali piante secolari. Il Parco e la Villa di Corliano fanno parte del percorso regionale “Dimore e giardini storici privati visitabili in Toscana” sviluppato in collaborazione tra l’ADSI (Associazione Dimore Storiche Italiane) e la Regione Toscana. Il Parco è visitabile tutti i giorni, previo appuntamento con il custode, dalle ore 15:00 alle 19:00. Prezzo della visita guidata è 5 euro (gratuito per bambini fino a 6 anni). Da questo link è scaricabile la mappa degli alberi “monumentali”.
Informazioni
Villa di Corliano
Statale Abetone 50 Rigoli, San Giuliano Terme (Pisa)
Tel. 050 818193 Cell. 347 9067286
e-mail [email protected]
web www.villacorliano.it
Santa Maria in Castello è un complesso originariamente fortificato che si erge su uno sperone di roccia sopra il paese di Vecchiano, dominando la Valle del Serchio e la piana di Filettole.
La prima fortificazione fu edificata alla fine dell’XI secolo, quando Lucca iniziò a invadere la bassa Val di Serchio e i punti nevralgici di confine tra Pisa e Lucca furono dotati di castelli e torri difensive. La più antica testimonianza del Castello di Vecchiano è un documento del 1092 nel quale il vescovo di Pisa Daiberto chiede ad alcune famiglie dei Longobardi pisani di difendere il territorio dalle mire espansionistiche e dai soprusi di alcune casate locali.
Grazie alla sua posizione strategica, il castello divenne a partire dal XIII secolo un importante baluardo difensivo durante le guerre tra Pisa e le città guelfe e venne più volte conteso tra Repubblica Pisana, Lucchesi, Fiorentini e persino dai Milanesi, subendo danni e parziali restauri. Con l’avvento del Granducato di Toscana, la rocca perse la sua importanza militare e il patronato del castello venne concesso per via ereditaria ai patrizi pisani Bocca Gaetani, ai quali subentrarono gli Agostini Della Seta ancora oggi proprietari del castello.
Dell’intero complesso restano oggi la piccola Chiesa di Santa Maria e dei resti della fortificazione: la metà inferiore della torre, il lato nord del recinto esterno con due basi di bastioni agli angoli est ed ovest, tratti del recinto esterno sud-ovest, l’impianto delle cisterne.
La Chiesa fu realizzata nel 1120 dall’unione tra una precedente piccola cappella e la torre del castello, poi abbattuta nel Seicento: sulla parete esterna è ancora ben visibile l’unione tra le diverse mura della cappella e della torre. L’attuale struttura del santuario risale ad un ampliamento databile tra il XVI e il XVII secolo, secondo quanto documentato dai ritrovamenti di mura cinquecentesche nel loggiato e di frammenti di intonaco e pitture all’interno della chiesa. La chiesa ha subito gravi danni durante il secondo conflitto mondiale (vi passava la linea Gotica) ed è stata restaurata grazie all’iniziativa del pievano Don Gino Barzacchini e di un comitato cittadino e, successivamente, del Gruppo Archeologico Vecchianese, che dal 1991 si prende attivamente cura del sito. L’ultimo rettore che visse nell’eremo fu Cesare Del Chiocca di Rigoli, nel 1858. S. Maria è diventata Santuario durante il Giubileo del 2000.
Purtroppo questo monumento pisano è stato facile preda di saccheggi e atti vandalici. L’altare maggiore è stato distrutto (quello attuale è molto recente), molte lapidi di sepolture di notabili della zona sono state danneggiate e in parte disperse. Alcune, ritrovate nella zona, sono state recuperate e sono oggi custodite all’interno della Chiesa. Tra i reperti ritrovati c’è una lapide in pietra con epigrafe seicentesca, che ricorda il patrono e rettore della chiesa di Santa Maria in Castello, Giuseppe Bocca, che ne fu alla guida dal 1569 al 1618.
All’interno della chiesa, sulla parete sinistra, sono visibili i resti di affreschi risalenti rispettivamente al Seicento, Settecento e Ottocento. La Chiesa custodiva un’immagine votiva di Maria Vergine ritenuta miracolosa (una lapide all’esterno della chiesa ricorda la liberazione dalla febbre gialla durante l’epidemia del 1804) trafugata durante la Seconda Guerra Mondiale. Alle pareti sinistra e destra si trovano due recenti dipinti raffiguranti Sant’Alessandro e Sant’Antano.
Visite
Il Gruppo Archeologico Vecchianese e l’Associazione Studi e Ricerche Storico Archeologiche tengono aperto l’eremo tutti i sabati pomeriggio, a partire dalle ore 15.30 e spesso anche le domeniche pomeriggio. Per visite in orari diversi occorre contattare il Gruppo.
Per Informazioni
Gruppo Archeologico Vecchianese
Cell. 347 5252087/ 333 6454255/ 347 5390614 / 340 2692545
E-mail: [email protected]
Per informazioni sulle funzioni liturgiche: Don Renato Melani Tel. 050 868308.
Santa Maria in Castello
Via del Santuario n. 19, Vecchiano (PI)
Il monastero di San Savino fu fondato nel 780 in un luogo diverso da quello odierno (sulla riva opposta dell’Arno e più a nord, tra Calci e Caprona), dove fu distrutto da un’inondazione nel 1122. La sua ricostruzione avvenne in due fasi successive nel corso del XII secolo, scegliendo la posizione attuale. Il monastero originario era stato costruito grazie alla donazione di tre fratelli di origine longobarda, Gumberto, Ildiberto e Gumbardo, che lasciarono al Monastero le loro terre e beni immobili, dislocati nelle diocesi di Pisa, Firenze e Lucca. Gumberto fu il primo abate e la regola adottata fu inizialmente quella benedettina, poi quella camaldolese. Nel corso dei secoli il nuovo monastero diventò ricco : il suo vasto patrimonio fondiario,e l’opulenza, insieme alla posizione strategica (sulla strada che collegava Firenze e Pisa), rese però l’insediamento facile preda di saccheggi e razzie (e per questo motivo fu fortificato). Proprio nel territorio di San Savino fu combattuta la famosa battaglia di Cascina, nella quale nel 1364 i pisani furono duramente sconfitti dai fiorentini. Ormai decaduta, durante il dominio dei Medici l’abbazia fu assegnata all’Ordine di Santo Stefano e alla fine del 1700 tutto il complesso fu acquistato da una ricca famiglia della zona.
L’ampio complesso fortificato, uno dei monumenti di Pisa e località limitrofe più suggestivi e allo stesso tempo più ignorati, si articola su due piani: un piano terra che ospitava i locali di servizio (magazzini, cantine e stalle) e un piano superiore dove vivevano i monaci. L’intero borgo è adibito ancora oggi a fattoria e abitazioni. Molto suggestivo è l’ingresso al monastero: un ampio arco a tutto sesto introduce alla ripida scalinata con volta a botte e a crociera, che conduce all’intimo sagrato, davanti alla chiesa.
La chiesa, in esemplare stile romanico, è costruita con blocchi di calcare del Monte Pisano e presenta la tipica struttura monastica a croce latina con navata unica, volte a crociera (del secolo XII), abside semicircolare e soffitto a capanna. L’edificio ha un forte slancio verticale, accentuato dalla decorazione ad archetti e lesene della facciata e della parte absidale.
Tra le testimonianze più interessanti si trovano l’acquasantiera in marmo e alabastro ricavata da un cippo funerario etrusco, decorata con fregio nella parte superiore, e alcune antiche iscrizioni sui muri esterni. Sulla parete destra del sagrato è posta l’iscrizione relativa alla fondazione del chiostro (XIII° secolo) e su alcuni conci del muro esterno si trovano un’iscrizione funeraria dell’Abate Guido (XII° secolo) e una lapide funeraria in marmo bianco dell’Abate Martino e del Conte Tancredi, quest’ultimo forse identificabile con un Gherardesca morto prima del 1170.
Addossato al braccio nord del transetto sorge un massiccio campanile rettangolare, la cui sommità venne distrutta nel 1944 dall’esercito tedesco in ritirata, per non lasciare punti di avvistamento. Il campanile è stato ricostruito in tempi recenti. Tra la chiesa e le abitazioni si trova ancora la cisterna del 1280, intorno alla quale si svolgeva la vita monastica. La cisterna era circondata dall’antico chiostro o “hortus conclusus”, sul quale si affacciavano tutti gli ambienti della vita monastica (celle, dormitori, cucina, refettorio, biblioteca, foresteria). Durante i secoli XVIII e XIX l’antico hortus fu in gran parte modificato per ricavarne un piazzale in selciato e nuove abitazioni.
Dopo un periodo di degrado e parziali cedimenti strutturali, è iniziato un graduale recupero dell’affascinate complesso, su iniziativa di privati, seppure con qualche difficoltà (come la recente controversia con il Comune di Cascina, per la discussa ristrutturazione e destinazione abitativa di un corpo adiacente alla Chiesa).
Il complesso della Badia San Savino è di proprietà privata ad eccezione della chiesa, di proprietà demaniale. L’accesso è libero e la chiesa rimane di solito aperta tutti i giorni, dal mattino a fine pomeriggio. La messa viene celebrata le domeniche alle ore 8:00 e alle ore 11:00, nei giorni feriali alle ore 17 (con l’ora solare) o alle ore 18:00 (con l’ora legale).
Per Informazioni
Don Alberto Armellin (tel. 050 772645)
All’interno della chiesa sono presenti pannelli e documenti illustrativi sulla storia del complesso.
Badia di San Savino
Via Vecchia Fiorentina 256, Cascina (PI)
La Pieve di San Marco (originariamente intitolata a San Pietro e San Giovanni Battista) è l’unica della zona ad avere una pianta a tre navate, scandite all’interno da pilastri e ciascuna con abside semicircolare: l’abside centrale ha dimensioni più ampie rispetto a quelle laterali e presenta tre monofore dalle quali filtra la luce all’interno. Sull’esterno dell’abside centrale, lungo le mensole degli archetti ciechi, si trovano decorazioni scultoree medievali con motivi vegetali e antropomorfi. La facciata è priva di decorazione e presenta tre portali. Il campanile in laterizio, che si erge sulla facciata, è stato ricostruito nel Settecento: quello originale fu distrutto nel XV secolo quando le truppe fiorentine conquistarono Rigoli. All’epoca della dominazione fiorentina, il piviere di San Marco mantenne sotto il suo controllo i due plebati più recenti di Fiettole e Vecchiano, per un totale di sedici parrocchie.
L’interno è austero e semplice. Un’importante testimonianza della sua origine come chiesa battesimale già in epoca altomedievale è la vasca battesimale di epoca longobarda (secoli VIII-IX): di forma rettangolare, è ricavata da un unico blocco di marmo e decorata con motivi simbolici a bassorilievo. All’interno si conserva copia di un dipinto ligneo trecentesco raffigurante la Madonna in trono e angeli, firmata dal pittore pisano Turino Vanni (XIV secolo). Il dipinto, che costituiva la parte centrale di un polittico destinato all’altare della famiglia Alliata, è oggi conservato presso il Museo Nazionale di San Matteo a Pisa.
La Pieve è aperta la domenica mattina per la funzione della messa alle ore 10.00.
Pieve di San Marco
Via Statale dell’Abetone 80, Rigoli (San Giuliano Terme, Pisa)
L’edificio è stato realizzato in pietre squadrate, sovrapposte quasi senza utilizzare la malta, secondo le tecniche murarie “da scalpellino” diffuse anche nel territorio intorno a Pisa. La chiesa ha una pianta a croce latina, con un’unica navata con abside semicircolare e copertura a capriate. Il campanile, la cui parte inferiore risale al XII secolo, si appoggia sul braccio destro del transetto.
La facciata della Pieve di Santa Giulia è delimitata lateralmente da semipilastri e presenta un timpano con oculo cieco. Il portale centrale con architrave è sovrastato da due oculi e un arco cieco. La facciata orientale con abside e la fiancata meridionale sono percorse dallo stesso cornicione impreziosito da archetti e mensole che presentano motivi animali, vegetali e antropomorfi. Secondo alcune interpretazioni, i suggestivi volti maschili e femminili visibili sui capitelli delle colonne murate nel fianco meridionale raffigurerebbero i volti dei committenti che finanziarono la ricostruzione dell’edificio nel XII secolo.
L’interno è spoglio e semplice. Sul lato sinistro dell’unica navata si trovano gli archi che la separavano dall’antica piccola navata laterale e lungo le pareti rimangono tracce di affreschi e decorazioni ormai illeggibili. All’ingresso, sul lato sinistro, si erge il grande fonte battesimale ottagonale, in pietra monolitica, del XII secolo. Un’iscrizione medievale è leggibile lungo il bordo dell’austero altare maggiore con mensa datata 1152, proveniente dalla chiesa di San Michele alla Verruca chiesa e complesso monastico che versa in stato di colpevole abbandono nel monte della Verruca dei monti Pisani. Nel lato sinistro del transetto si trova un elegante organo realizzato nel 1738 dal lucchese Domenico Cacioli.
La Pieve è aperta la domenica mattina e in occasione di specifiche funzioni.
Pieve di Santa Giulia
Via S. Giulia, 5 (Via Argine dell’Arno), Caprona, Vicopisano, Pisa
Contatti Unità Parrocchiale di Caprona-Uliveto-Zambra Tel. 050/760804.
La presenza umana nella val di Cecina è confermata dal ciottolo di calcare con inciso un bisonte (risalente all’età del rame) proveniente dalla necropoli preistorica di Lustignano testimonianza anche di misteriosi riti funerari. Come accennato il museo espone numerosi reperti etruschi. Oltre ad armi e oggetti (come rasoi) l’attrazione principale è costituita dalla stele raffigurante un guerriero o sacerdote armato di machaira (un lungo coltello utilizzato come arma o strumento sacrificale). Imponente e monumentale la stele domina la sala numero 2 del museo.
I reperti romani più rilevanti sono nella sala 4: una graziosa statuetta (“Il Giove silvano“) e la stele con iscrizione del cavaliere romano Marius Montanus.
Una sala video, informazioni sulla stora della Rocca Sillana e sul complesso sacro-termale etruscoromano rinvenuto in località Bagno (presso Sasso Pisano) completano il museo.
Da ottobre fino a maggio Palazzo Ricci è visitabile gratuitamente solo su prenotazione. Sono previste aperture straordinarie per le vacanze natalizia. L’orario di visita “normale” e giornaliero riprenderà da maggio a settembre.
Foto pubblicate per gentile concessione dek Museo Guerrieri e artigiani di Palazzo Ricci
Per informazioni e prenotazioni
Museo Guerrieri e artigiani Palazzo Ricci (via Roncalli Pomarance)
tel. 335/1278691 (dalle 10:00 alle ore 18:00)
e-mail: [email protected]
La chiesa dei Santi Simone e Giuda si trova a Nodica, località del comune di Vecchiano, nella piana pisana.
L’attuale edificio fu costruito nei primi decenni dell’Ottocento sopra una preesistente chiesa medievale, della quale non restano oggi tracce se non il poderoso campanile trecentesco sul lato destro della facciata, in tipico laterizio rosso. Un’epigrafe data il campanile al 1319. La chiesa è una delle poche (sono una quindicina) dedicata in Italia a Giuda Taddeo (o Giuda di Giacomo).
La sobria facciata presenta un unico portale affiancato da due sottili finestre incavate e sormontato da una lunetta. L’interno della chiesa è ad aula unica, interamente decorata secondo il gusto neoclassico, con raffigurazioni della storia sacra e figure di santi. Il soffitto è a semplici capriate lignee.
Per informazioni: tel. 050/826025
Accesso gratuito
Chiesa dei Santi Simone e Giuda
Via Amedeo, 106, Località Nodica, Vecchiano (Pisa)
La seconda navata venne aggiunta infatti “soltanto” nel XIII secolo: secondo gli storici l’aggiunta potrebbe essere dovuta all’intitolazione della chiesa a un secondo santo oppure alla necessità di ricavare uno spazio da adibire al rito battesimale. L’interno a due navate si trova anche in altre pievi del territorio pisano: la chiesa di Sant’Alessandro a Vecchiano e la pieve di Santa Giulia a Caprona.
Sulla facciata si aprono due portali sormontati da semplici archi a sesto rialzato. L’esterno è sobrio e privo di decorazioni scultoree. La stessa semplicità caratterizza anche l’interno, dove le due navate sono separate da robusti pilastri e archi a tutto sesto. Il campanile originario, che sorgeva sul lato occidentale della chiesa, è stato abbattuto dalle truppe tedesche in ritirata durante la Seconda Guerra Mondiale.
All’interno si conservano un “Crocifisso ligneo” di scuola pisana del XIV Secolo e un antico fonte battesimale in pietra. La tavola medievale con “Madonna e bambino” del maestro pisano Neruccio di Federigo, risalente alla metà del XIV secolo, è stata trasferita all’Archivio Arcivescovile e se ne conserva oggi nella pieve una copia. L’immagine è nota come “Madonna scapigliata” per un’antica leggenda che narra un intervento provvidenziale della Madonna presso la Famiglia locale dei Casciani, durante una grave pestilenza. All’immagine votiva è legata anche la tradizione delle giovani bambine chierichetto (dalla lunga chioma): si tramanda infatti che in questa pieve per la prima volta in Italia furono scelti i chierichetti femmine. Il 5 Maggio di ogni anno si celebra infatti la festa dei chierichetti e dei bambini, legata alla tradizione della Pieve.
Visite: la Pieve è aperta tutte le domeniche per la funzione della messa alle ore 10.00.
Per visite in giorni diversi è possibile contattare Padre Joy, cell. 392 9087400.
Pieve di Santa Maria e San Giovanni Battista
Indirizzo: Via Statale dell’Abetone 80, Rigoli (San Giuliano Terme, Pisa)
Aperitivi, dj-set e, soprattutto, concerti (di rock, pop e jazz) costituiscono il fulcro della proposta dei locali pisani per il fine settimana del 14-16 ottobre.
Ecco allora che cosa bolle in pentola nei locali pisani per questo week-end.
14 ottobre —
Borderline (via Vernaccini 7)
Concerto degli street-rocker Faster Pussycat (biglietto 18 euro).
Caino – Caffè Contemporaneo (via del Carmine 3)
Musica pop e rock con il concerto di Onde Medie, presenza “fissa” al locale Da Giannino di Marina di Campo (Isola d’Elba).
Circolo di Cortemagno (via B. Buozzi 3, La Corte – Calci)
Alle 22:30 concerto di Denise Marie cantante e chitarrista con Marcel Koster alla batteria, proporrà brani tratti dall’album “Aphrodite and Outlaws”: calda musica soul/swing/folk. Per informazioni e prenotazioni 050/936060.
Leningrad Cafè (via Silvestri 5)
Serata-“Club Deep” con Marco Teti: dalla 22:30 si balla con la House, quella vera, calda e “rivoluzionaria”.
Sottobosco LibriCafè (Piazza San Paolo all’Orto 3)
Aperitivo com musica soul, jazz e funk. Alla console Mr. Keto & Miss Clawdy che mixano solo vinili.
15 ottobre —-
Borderline
Concerto della rock-grunge band pisana RHumornero con dj-set finale di Gigo DJ. (Ingresso con consumazione obbigatoria).
Cantiere San Bernardo
Secondo Cinevento Francesco De Masi, con la partecipazione del regista Enzo Castellari.
Circolo Caracol (via Battichiodi 8/10 )
Concerto di Vincenzo Fasano e della sua band (biglietto 5 euro con consumazione)
La Centrale (località la Fontina a Ghezzano)
Concerto alle 22:30 del gruppo Secondo Governo Radar, ensemble dedito a un noise sperimentale. Sul palco Fabio Bonzo (chitarra e sax), Emiliano Mancini (chitarra e voce), Larry Love (basso, voce e sinth) e Ruben Guastapaglia (batteria e percussioni elettroniche). Al termine Dj-set di Wardance.
Ingresso con tessera socio Arci.
Leningrad (via Silvestri 5)
Serata battezza Orsorosso non avrai il mio Leningrad, all’insegna della musica funky/beat selezionata da Orsorosso.
Millibar (via Palestro 39)
Aperitivo e serata a base di musica con reviva anni ’60, ’70 e ’80
16 ottobre —
Millibar (via Palestro 39)
Serata al ritmo della musica latino-americana.
Sottobosco LibriCafè (Piazza San Paolo all’Orto 3)
Musica jazz dalla 21:30 con il Smooth Jazz Trio (Daniele Orselli chitarra, Fabio di Tanno, basso e Luca Bellotti sax)
Uscendo da Montecastelli, prendendo la strada che porta a Castelnuovo Val di Cecina ci si imbatte in una delle più suggestive testimonianze degli insediamenti umani in Val di Cecina: il piccolo ipogeo etrusco, chiamato “Buca delle Fate“, che risale al VI secolo a.C. Si tratta di una cavità, scavata nel masso calcareo, a pianta quadrangolare e sorretta al centro da un pilastro. Ai lati della stanza si diramano i cunicoli che conducono a piccoli ambienti tombali: giacigli che accoglievono i corpi dei defunti. La tomba, priva oggi di qualsiasi arredo molto probabilmente già depredata nei tempi antichi, è stata utilizzata anche in epoche successive, come attesta la fitta simbologia paleocristiana scolpita sulle pareti e sul pilastro centrale. La Buca delle Fate costituì infatti un rifugio per i fedeli al tempo delle persecuzioni cristiane e ariane effettuate in epoca romana.
Buca delle Fate – (Uscendo da Montecastelli in direzione di Castelnuovo Val di Cecina).
Accesso gratuito (dall’alba al tramonto).
]]>Il Museo della Civiltà Contadina di Montecastelli pisano è nato nel 1985 con l’obiettivo di documentare le attività agricole e artigianali della Val di Cecina attraverso gli oggetti donati dagli abitanti del paese.
La collezione di attrezzi da lavoro si compone di strumenti, risalenti al XIX e alla prima metà del XX secolo, utilizzati, dai mezzadri a cavallo del secolo scorso, per il lavoro agricolo, per l’attività boschiva, la tessitura e il lavoro artigianale.
Sono così esposti attrezzi da falegname, ciabattino, maniscalco, sellaio, stampi per la produzione di tegole e mattoni, bilance, stai e strumenti (forche, badili, falci, roncole, vanghe).
L’entrata al Museo della Civiltà Contadina è libera e il percorso espositivo si articola su tre stanze nelle quali sono esposti tutti gli utensili utilizzati. Il museo è a ingresso libero ed è aperto tutti i martedì dalle 16:30 alle 18:30.
Foto pubblicate per gentile concessione del Comune di Castelnuovo Val di Cecina
Museo della Civiltà Contadina
via Borgo Montecastelli Pisano, Castelnuovo Val di Cecina
Tel.0588/28843
Web http://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/luogo/MuseoCiviltaContadinaMontecastelliPisano.html
Accesso disabili: Parziale
Ingresso tutti i martedì dalle 16:30 alle 18:30.
Accesso gratuito